Lo denuncia un'inchiesta del settimanale “L'Espresso”
Milioni di euro pubblici versati per le scuole private
700 milioni di euro all'anno regalati da governanti borghesi agli istituti privati, mentre le scuole pubbliche cadono a pezzi

Mentre le scuole pubbliche sono praticamente al collasso, con oltre 250 mila insegnanti precari, edifici in completo stato di abbandono e degrado (mancanza delle più elementari risorse come la carta per le fotocopie e la carta igienica nei bagni) per non parlare del rischio crolli che nelle ultime settimane ha interessato diversi istituti, come l'asilo di Milano e il Liceo Socrate di Roma, l'altra faccia delle medaglia sono istituti privati che continuano a essere finanziati da Stato, regioni e comuni con una dote che sfiora i 700 milioni di euro l’anno (nel 2015 si prevedono 473 milioni di euro solo da parte dello Stato centrale).
Questo è in sintesi il quadro che emerge dall'inchiesta pubblicata sul settimanale “L'Espresso” il 2 febbraio che mette in luce una delle più grandi ingiustizie sociali del nostro Paese.
Uno dei principali imputati di questo iniquo sistema di ridistribuzione del denaro pubblico è il governo del Berlusconi democristiano Renzi che seguendo l'esempio dei governi che lo hanno preceduto sta continuando sulla strada della distruzione e della fascistizzazione piduista della scuola pubblica, anche se insieme alla sua ministra dell'istruzione Giannini, ancora oggi hanno il coraggio di parlare di ipocrite volontà di risanamento della scuola pubblica come punto di partenza per la ricrescita del Paese.
Il governo Renzi ha promesso di mettere mano almeno alle condizioni delle aule, con un piano di investimenti ambizioso che però stenta a partire proprio per la carenza di quei fondi che vanno ad ingrassare le scuole private. E non sembra intenzionato neanche a cambiare politiche su questo fronte, visto che nel progetto “La buona scuola” invece di intervenire con decisione in una completa abrogazione dei finanziamenti alle private, e dall'altra parte immettere massicci investimenti economici nella scuola pubblica, il governo, considera inevitabile, vista l'impossibilità da parte dello Stato di sostenere l'istruzione pubblica (così è scritto ne “La buona scuola”) il sostegno economico dei capitalisti all'istruzione pubblica, in questo modo, il governo Renzi punta alla crescente privatizzazione della scuola italiana, tra istituti privati in mano sopratutto alle organizzazioni cattoliche e scuole pubbliche controllate dal capitale dei finanziatori privati.
Insomma Renzi in piena continuità con la politiche dei suoi maestri, Berlusconi e Mussolini fa suo il mantra della destra sulla illusoria “libertà di scegliere dove mandare i figli a scuola” e siccome le paritarie costano, ci vuole un aiutino. Tesi sposata in pieno anche dal ministro Stefania Giannini: “Dobbiamo pensare una scuola che sia organizzata dallo Stato o dall’iniziativa privata. Dobbiamo uscire dalla logica che ci siano gli amici delle famiglie contro gli amici dello Stato”.
Oltre allo Stato ci pensano gli enti locali a dare una mano, con il buono-scuola della Regione Lombardia a fare da modello o gli aiuti dei comuni emiliani: a Bologna il milione di euro destinato ogni anno alle scuole d’infanzia private è stato bocciato il maggio 2013 dalle masse popolari con un referendum, ma questo non ha fermato il sindaco PD Virginio Merola, che fregandosene del volere popolare ha continuato a finanziare i privati. Governatori e sindaci alimentano un fiume di denaro pubblico per le private, un federalismo scolastico stimato dalla Cgil in altri 200 milioni, che si somma alla sovvenzione ministeriale.
Tra le regioni capofila dei finanziamenti alle scuole private troviamo la Lombardia che in tredici anni ha visto i contributi regionali superare la quota di 500 milioni, messi a disposizione in nome della possibilità di scegliere: la libertà educativa è in mano ai genitori, che se vogliono iscrivere i propri figli nelle scuole cattoliche ricevono sostegno dal Pirellone, che sborsa una parte delle rette. E anche per quest’anno scolastico sono arrivati trenta milioni di euro sotto forma di dote. La scelta del caporione fascioleghista Roberto Maroni è stata copiata dal compare di partito Luca Zaia. Il governatore veneto ha messo sul tavolo 42 milioni (21 per gli asili nido e altrettanti per le scuole d’infanzia) con questa motivazione: “Il Governo ci vorrebbe più impegnati nella costruzione di asili pubblici. Noi diciamo che questa è la nostra storia e che non ci sono alternative alle comunità parrocchiali e congregazionali. In Veneto non cerchiamo e non vogliamo nessuna alternativa”.
Ma non sono solo i soldi regalati all'istruzione privata a destare scalpore nell'inchiesta de “L'Espresso”, anche i casi di sfruttamento e ricatto a cui sono sottoposti i docenti alle prime armi nelle scuole private danno l'idea del marcio che si annida all'interno del sistema scolastico privato.
Funziona così: per scalare la graduatoria nazionale i docenti devono accumulare punteggio con le ore di docenza, ma i professori a spasso sono così tanti che pur di mettere da parte ore utili sono disposti a salire in cattedra quasi in forma gratuita. In centinaia firmano il contratto e una lettera di dimissioni senza data. È sufficiente aggiungerla e cacciarli. Senza strascichi in tribunale. Lo stipendio in molti istituti è da fame, ci sono esempi di retribuzioni da 200-300 euro al mese, significa due euro all’ora. E poi un elenco vergognoso di condizioni a cui sottostare. Dai rimborsi della maternità da restituire, fino alla pratica del pagamento con assegno mensile da ridare in contanti alla segreteria.
Un'altra odiosa piaga delle scuole private sono i “diplomifici”, realtà sparse in tutta Italia, e in particolar modo al Centro-Sud dove il motto “pago tanto, studio poco e prendo il pezzo di carta” detta legge, permettendo così ai ricchi (che pagano fino a 12mila euro) di far diplomare i propri figli senza il minino sforzo, mentre i figli degli operai e delle masse sono costretti a molto spesso a barcamenarsi tra studio e lavoro per potersi permettere costi di affitto esorbitanti in appartamenti fatiscenti e costi scolastici sempre più gravosi.
Se veramente i governanti borghesi, Renzi in testa, avessero a cuore i problemi della scuola pubblica in questo Paese non solo non avrebbero tagliato i finanziamenti alla scuola pubblica spostandoli spregiudicatamente alle scuole private ma, al contrario, avrebbero dovuto intervenire abrogando tutta la legislazione controriformatrice e di tipo privatistico riguardante: il riordino dei cicli scolastici, l'autonomia e l'aziendalizzazione delle scuole con i presidi-manager, la parità che eleva le scuole private a "servizio pubblico", il finanziamento pubblico, sotto qualsiasi forma, alle scuole private e a chi le frequenta e con massicci investimenti pubblici per risanare gli immobili e metterli in sicurezza, ammodernare le scuole statali (mezzi informatici, laboratori, palestre, auditorium, ecc.) e per costruirne di nuove dove necessario.
La Commissione giovani del CC del PMLI

11 febbraio 2015